Articoli dal nuovo blog di Smartfeeling

giovedì 30 ottobre 2008

Perpetual Beta: un bene o un male?

Negli ultimi mesi vi sarà certamente capitato di sentir parlare di "Perpetual Beta".
Il termine indica progetti software che vengono aggiornati in maniera continua.
Ma è un bene o un male?

Se chiediamo ad un utente cosa sia per lui una "versione Beta", molto probabilmente ci sentiremo rispondere che è un software incompleto, non ancora pronto per un utilizzo su larga scale.

Fino a qualche anno fa, il nostro caro utente, aveva tutte le ragioni per pensarlo. In genere il software in versione beta era considerato, dagli stessi sviluppatori, ancora in fase di testing e quindi non adatto ad un utilizzo su larga scala.
Oggi le cose sono cambiate, ed internet ha contribuito non poco a questo cambiamento.
Gran parte delle applicazioni che eravamo abituati ad installare sul nostro PC, sono oggi disponibili anche "live" (Google Docs, Zoho, ecc..).
Lo sviluppo di applicazioni web, e le modalità in cui gli utenti ne usufruiscono, sono sostanzalmente differenti da quelle di applicazioni "stand-alone" (da installare sulle nostre macchine). Un'applicazione web deve "girare" su diversi sitemi operativi, su periferiche molto differti tra loro (cellulari, PC, palmari, portatili, tablet, ecc..), con risoluzioni di ogni tipo ed in continua evoluzione (quante nuove periferiche escono ogni anno?).

La continua evoluzione delle periferiche, dei media e delle esigenze di utenza, ha portato a nuove metodologie di sviluppo e di gestione dei progetti software.
Eventuali bachi vengono corretti in pochissimo tempo, nuove funzionalità vengono sfornate quotidianamente, e le interfacce tengono sempre in maggior considerazione la "user experience".
Questa è la filosofia del "perpetual beta": software di alto livello qualitativo, semplice da utilizzare e sempre aggiornato.
O no? ;)
Ditemi la vostra.

mercoledì 15 ottobre 2008

Enterprise 2.0: l'avvocato del diavolo. Il bene e il male dei Social Network in Azienda.

Un recentissimo articolo di Nick Abrahams, il presidente dello studio legale Deacon di Sydney, analizza l'utilizzo dei social networks in azienda da un punto di vista squisitamente legale.

La domanda a cui si vuole rispondere è:
"Le imprese dovrebbero vietare l'utilizzo di Facebook sul posto di lavoro?"

Ovunque si parla delle potenzialità del web 2.0 per le imprese, ma i rischi?
Le paure di ogni imprenditore sono legate principalmente a tre fattori:
  • Impatto sulla produttività degli impiegati: I Social Networks sono progettati per stimolare l'utilizzo della piattaforma piu' volte al giorno. Gruppi di discussione, chat, attività e alerts richiamano continuamente l'attenzione degli utenti.
  • Impatto sulle risorse IT: L'accesso ai Social Networks occupa banda. La presenza dei video impatta pesantemente sulla capacità di banda delle nostre connessioni.
  • Pericolo della diffusione di informazioni riservate: La mancanza di un controllo sulle informazioni trasmesse, genera la paura di una accidentale fuga di notizie riservate.
Ma esistono anche reali rischi legali:
  • Problemi legati ai rapporti di lavoro: Il fatto che un Manager inviti una segrataria ad accettarlo come "Amico", può essere considerato una molestia sessuale? La segrataria potrebbe sentirsi intimidita, ed un rifiuto potrebbe compromettere la sua carriera.
  • Violazione dei "Temini e condizioni di utilizzo" della piattaforma: Facebook, come altri Social Networks, limitano l'uso della piattaforma al solo uso personale e non commerciale. Un reparto risorse umane che usa Facebook per fare selezione del personale, ne fa un uso chiaramente commerciale, violando i termini e le condizioni di utilizzo.
  • Discriminazione e pregiudizi: Cosa accadrebbe se doveste scoprire su Facebook che il vostro candidato migliore ha particolarissimi orientamenti sessuali o è assiduo frequentatore di sette o gruppi estremisti?
  • Riservatezza dei dati: Cosa accadrebbe se un impiegato dovesse diffondere informazioni riservate? E se il profilo dei vostri impiegati venisse venduto o utilizzato con scopi differenti da quello iniziale dal sito che li ospita?
Nick ha svolto alla perfezione il proprio compito di mettere in luce i rischi.
Ma non si è fermato qui. Ha pensato di volerci veder chiaro e si è messo alla ricerca di una qualche statistica che descrivesse l'utilizzo dei social networks all'interno delle imprese.Non avendo trovato nulla di significativo ha commissionato una ricerca ad hoc. Nasce così la "Deacons Social Networking Survey 2008". Si tratta di interviste telefoniche svolte su un campione di 693 persone che lavorano in imprese Australiane.
Ecco i risultati:
  • Blocco dei social network: il 20% delle imprese Australiane impedisce l'accesso a siti di social network.
  • Età degli utilizzatori: Gli over 35 fanno un uso molto basso dei s.n. (solo il 4%), mentre impiegati piu' giovani di età compresa tra i 25 ed i 35 anni ne fa un uso meggiore (25%). I giovanissimi, sotto i 25 anni, partecipano con ancora maggior assiduità (33%).
  • Percezione: Solo il 14% degli impiegati utilizza s.n. nelle ore d'ufficio, ma il 76% di coloro che abitualmente utilizzano internet concordano sull'affermare che l'azienda ne trae dei benefici. Ecco alcune delle loro ragioni:
    - Dimostra la fiducia dell'azienda nei confronti dei propri dipendenti
    - Consente ai dipendenti di "staccare" per qualche minuto e li mantiene piu' attivi e freschi
    - Consente agli impiegati di socializzare tra loro, con i clienti e con i fornitori.
  • Recruiting: Il 46% degli utenti di s.n. hanno affermato che a parità di offerta lavorativa, sceglierebbero l'impresa che non vietasse loro l'accesso a siti di social network.
Dalla ricerca ne consegue che:
  • Se per la vostra impresa è importante avere personale giovane, allora non dovreste vietare l'utilizzo di siti come Facebook.
  • Anche utenti che non utilizzano i social network, hanno una percezione negativa dell'azienda che li vieta.
Per regolamentare l'utilizzo dei social network in azienda, può essere sufficiente ampliare il proprio regolamento interno. Alcune imprese hanno addirittura inserito un protocollo comportamentale del tipo: "Un senior Manager non può invitare un sottoposto come Amico, ma è libero di accettare tale invito".
In genere è sufficiente usare il buon senso e la definizione delle regole comportamentali da seguire ne è la naturale conseguenza:
  • Rispettare le regole della normale convivenza professionale (tipo non molestare colleghi)
  • Informare i dipendenti che possono fare un uso della piattaforma nei limiti consentiti, e definire con chiarezza quali siano questi limiti
  • Ricordare il dovere di mantenere le informazioni riservate
  • Ricordare agli impiegati che il datore di lavoro può monitorare l'utilizzo che si fa della piattaforma
  • Sottolineare che la mancanza del rispetto delle norme causerebbe la cessazione del servizio.
Nick conclude in questo modo:
In conclusion, the internet has created a major distraction for the workplace but an organisation's ability to use and adapt to new technologies can provide a significant competitive advantage in the market.
Therefore, it may be that organisations may see real benefit arising from social networking by embracing rather than blocking this phenomenon.

lunedì 13 ottobre 2008

Enterprise 2.0: il caso LAGO.

Leggendo del caso LAGO sul blog di Emanuele Quintarelli (al quale vi rimando per ulteriori dettagli), ho avuto la conferma che il Web 2.0 offre immense opportunità alle PMI italiane piu' attente ai cambiamenti.
LAGO non è una "mega" impresa da migliaia di dipendenti, non ha centinaia di filiali sparse per tutto il mondo, eppure è partita per una nuova (ed ignota per molti altri) destinazione.

L'immagine che introduce questo post è stata tratta dal blog (Corporate Blog) di LAGO, su cui scrive anche Nicola Zago, il "deus ex machina" che ha creduto ed avviato questo cambiamento verso il 2.0.
Ho scelto questa immagine perchè rappresenta al meglio lo spirito e l'atteggiamento che dovrebbero avere tutte le imprese che vogliono "lanciarsi" verso il rinnovamento per cogliere le immense opportunità che il web 2.0 ci stà offrendo.

Questa sera LAGO presenta il suo caso presso Assolombarda (clicca qui per scaricare il programma) e se siete nei dintorni non dovreste mancare (c'è anche Emanuele Quintarelli ed è sempre un piacere ascoltarlo).

Ma cosa stà facendo LAGO?
Stà aprendo la strada verso un nuovo modo di farsi conoscere, di acquisire attendibilità sul mercato (ricordate il discorso sulla reputazione?), di organizzare e coltivare il proprio know-how, di reperire preziose risorse fuori dei confini aziendali, di estendere il proprio mercato, di affermare la propria leadership.
E lo stà facendo "conversando". In modo informale, dinamico, appassionato e coinvolgente.
Lo fa col suo "Design Conversations" (il Corporate Blog), con i "Lakebloggers" (i blog personali) che coinvolgono i diversi dipartimenti aziendali, con BlipTV, con Flick, Twitter, con Issuu.
E poi ancora con Lagostudio, Facebook, Friendfeed.
Se volete seguire i feed RSS LAGO, potete farlo mediante Feedburner.
Inoltre c'è un progetto di knowledge management gestito mediante un wiki (Socialtext), una gestione progetti fatta con Zoho ed una community di rivenditori gestita con Ning.

Non si è fatta mancare nulla, sotto il profilo 2.0 ;)
LAGO stà conversando col web, con noi, e noi possiamo partecipare, collaborare ed impare qualcosa.
Leggendo i commenti su "Design Conversations" capirete meglio a cosa ci si deve preparare affrontando un'iniziativa di questo tipo. Troverete chi vi adora, ma anche chi esteriorizzerà le proprie perplessità (soprattutto se è della concorrenza :D).


Lascio a vostri commenti ulteriori riflessioni.

sabato 11 ottobre 2008

Strumenti per l'Enterprise 2.0: Il Corporate Blog

Continuiamo il nostro percorso alla scoperta degli strumenti che il Web 2.0 offre alle aziende per intraprendere un proficuo percorso verso l'Enterprise 2.0.
Parliamo del Corporate Blog.

In un post precedente, "a cosa serve un blog", avevo già introdotto il tema dal punto di vista S.E.O. e della comunicazione.
Oggi, invece, cercheremo di riflette sul come fare per attivare il nostro Corporate Blog.

La Piattaforma:
Innanzi tutto cerchiamo di capire quale sia la piattaforma piu' adatta ad ospitare il nostro blog aziendale.
Abbiamo diverse opzioni:
  • Servizio di hosting su server pubblici (Blogger, Wordpress, TypePad, ecc..)
  • Installazione della piattaforma su server aziendale (sia di soluzioni open-source che soluzioni proprietarie)
In entrambi i casi avrete la necessità di acquistare un dominio (anche di terzo livello. es: blog.miaazienda.com). Se disponete già di un dominio, potreste pensare anche di utilizzare una sottosezione dello stesso (es: www.miaziende.com/blog).
Io, da un punto di vista tecnico, prediligo la scelta di un dominio di terzo livello (blog.miazienda.com).
Per cominciare vanno benissimo servizi come quelli offerti da Blogger o Wordpress, che sono ospitati su server pubblici, non costano nulla e non vi impongono alcuna problematica di configurazione. Blogger ha qualche funzionalità in meno di Wordpress, ma è molto semplice da implementare.
Quando poi sarete diventati degli esperti, o le vostre esigenze dovessero aumentare, allora potete sempre decidere di installare la piattaforma presso un vostro server.
Tenete presente che dovrete provvedere all'importazione di tutti i post, dei commenti e delle immagini presenti sul server pubblico. In questo caso vi vengono in aiuto i feed RSS (di cui parleremo in seguito), ma non guasterebbe un bel tool di importazione presente sulla piattaforma che avrete deciso di adottare.
Ah, non dimenticate di reindirizzare i DNS, e mantenete in linea il vecchio blog per almeno un paio di settimane.

La Preparazione:
Un blog non si improvvisa, va preparato, anzi "progettato".
  • Motivazioni: E' importante chiarire bene i motivi che portano l'azienda ad aprire un blog. Un blog aziendale non si apre perchè va di moda e neppure perchè un qualche consulente esterno ci ha convinti della sua enorme potenzialità.
    Il corporate blog è come un figlio: deve essere fortemente voluto.
    Un Corporate Blog tenuto in scarsa considerazione dalla stessa azienda che lo pubblica, è un fallimento assicurato.
  • Definire gli argomenti IN: Di cosa si parla? E' importantissimo definire di cosa si vuole parlare. Una chiara linea editoriale conferisce coerenza e garantisce continuità.
  • Definire gli argomenti OUT: E' molto piu' importante, tuttavia, definire di cosa non si deve parlare nel blog. Gli argomenti "vietati" evitano i fuori-tema, le cadute di stile e crisi difficili da gestire (es: non trattate mai la customer-satisfaction o l'assistenza nel vostro corporate blog, a meno che non sia un blog dedicato a questo - ma vi consiglio un forum).
  • Definire i blogger: Individuate da subito i blogger ed il "Blog Champion" (il responsabile e moderatore del blog). Il "Blog Champion" ha la responsabilità di garantire la continuità e la regolarità dei post, di coinvolgere e motivare i blogger, ma soprattutto di "coltivare" il blog e di seguirlo nella crescita. I commenti troppo aggressivi dovranno essere moderati.
    Il CEO potrebbe essere tra i blogger, ma dovrebbe garantire una certa continuità.
  • Presentarlo all'interno: Presentate il blog all'interno della vostra azienda e raccogliete feedback dai vostri dipendenti. Se vi guarderanno con aria smarrita ed occhi vitrei, non meravigliatevi e non scoraggiatevi, vuol solo dire che non sono abituati alle novità ;)

I Contenuti:
Eccoci al piatto forte, i contenuti. Nessuno può ispirarvi sulla qualità o quantità degli argomenti da trattare.
Possiamo invece delineare delle linee guida da rispettare (come sempre dettate dal buon senso).
  • Comunicazione informale: I lettori di un blog non si aspettano un linguaggio "istituzionale", ma vogliono sentir parlare di argomenti di loro interesse in modo discorsivo ed informale, fuori da schemi predefiniti ed aziendali.
  • Non cercate di vendere: E' la logica conseguenza del primo punto. Non fatevi autopromozione, perchè i lettori del vostro blog non vogliono sapere quanto siete belli o bravi, ma voglio avere informazioni utili a loro. Abbandonate l'egocentrismo delle imprese 1.0 per conquistare la reputazione e l'autorevolezza delle imprese 2.0.
  • Usate i link in modo intelligente: Sito e Blog dovrebbero essere legati l'uno con l'altro in modo razionale e coerente con i contenuti. Se, per esempio, in un post vi capitasse di parlare di un problema che potrebbe essere risolto da un certo prodotto (che guarda caso è il vostro), non mancate di inserire un link (possibilmente con target "_blank" - che si apra in una nuova schermata) alla pagina del sito che tratta il prodotto in questione. Fate lo stesso sul sito, ogni volta che si presenti l'occasione.
  • Distinguetevi: Facile a dirsi, vero? Ma se parlate di cose banali, di cui parlano tutti, per timore di esporvi troppo, allora il vostro blog non serve a molto. Se invece parlate di argomenti di nicchia, o affrontate argomenti banali da punti di vista inaspettati, allora farete in modo che gli altri parlino di voi. Un esempio? Provate a leggere come Alberto tratta l'argomento "Scale". Visto?
  • Create relazioni con altri blogger: Partecipate al dialogo! Leggete altri blog simili, individuate i vostri preferiti ed iniziate un dialogo con altri blogger. Linkate ai loro blog e fate in modo che loro linkino al vostro. Commentate i loro post e fate in modo che loro commentino i vostri. In questo modo aumenterete la visibilità ed inizierete a vivere il vero web 2.0.

La Forma:
Si tratta dell'aspetto puramente grafico in termini di stile e layout.
  • Aspetto: Lasciatevi guidare dai vostri esperti di Web Design, oppure se non volete sbagliate mantenete pure l'aspetto del vostro sito istituzionale(dopo tutto il blog potrebbe diventare il punto di ingresso al vostro sito).
  • Link: Mettete i link (al vostro sito, ad altri blog, ecc..) sulla destra dello schermo. Questo l'avrete sentito dire un po' da tutti, vero? Ma sapete il perchè?
    Perchè, da un punto di vista puramente psicologico, a destra collochiamo lo spazio dedicato agli altri, agli amici, ai conoscenti (mentre a sinistra c'è l'autorità). Il vostro lettore, inconsciamente, percepirà i link sulla destra come "amichevoli".
  • RSS: Non mancate di mettere bene in evidenza i feed RSS. Sono loro che facilitano la diffusione del vostro blog. I vostri abbonati potranno leggere i vostri post senza doversi per forza collegare al sito del blog, magari mediante il loro iPhone, Blackberry o altro.

Le Conseguenze:
A cosa dovete essere preparati?
  • Feedback degli utenti: Possono essere positivi, ma anche negativi. Dovete essere preparati a gestire i feedback negativi in modo produttivo e proattivo. Fate molta attenzione ai toni che userete e cercate di evitare polemiche che porterebbero ad una "spirale negativa". Dovete rompere la catena della polemica.
  • Fidelizzazione ed identificazione: Un Corporate Blog di successo raccoglie utenti fedeli che si "affezionano" all'azienda. Loro saranno la vostra arma migliore contro chi vi muoverà delle critiche (provate a criticare Ducati sul suo blog).
  • Impegno: Un blog è molto impegnativo, e un Corporate Blog richiede almeno una figura dedicata (diciamo un "Blog Champion"). Non cadete nella tentazione di recuperare figure dedicate ad altre attività. Il "Blog Champion"deve essere molto motivato e concentrato sul progetto.
  • Impegno delle risorse interne o del CEO: A seconda dei casi, un blog può richiedere l'intervento delle risorse interne (impiegati) o del CEO. Molto dipende dalla linea editoriale che si vuol seguire. Un CEO che si mette in discussione è sicuramente un segnale molto forte, ma può diventare controproducente se non si riesce a coinvolgere il lettore.
    Purtroppo non sempre le risorse interne aziendali sono sufficientemente motivate alla partecipazione, perciò può risultare difficile trovare blogger all'interno.
  • Misurare il successo: Ok, siete partiti. Ora preparatevi a misurare il successo e la crescita del vostro blog. C'è chi considera il numero di commenti un buon indicatore, ma in realtà è del tutto legato alla tipologia di blog che stiamo implementando ed al tipo di post (ci sono post che non stimolano commenti, ma che informano).
    Io non disdegno le care vecchie statistiche sui log.
    Non dimenticate di misurare gli abbonati mediante feed RSS (in questo vi vengono in aiuto servizi come quello offerto da feedburner).

Bene, se avete letto tutto questo lunghissimo post, allora vuol dire che non vi ho annoiato.
Se volete contribuire ad arricchire questo post con i vostri consigli fatelo pure, siete i benvenuti.
Se avete domande, chiedete. Qualcuno vi risponderà di sicuro.

Vedi anche:
Strumenti per l'Enterprise 2.0: le Mappe Concettuali
Strumenti per l'Enterprise 2.0: il Corporate Blog (Seconda Parte)

lunedì 6 ottobre 2008

Enterprise 2.0: I dati dal secondo studio annuale di McKinsey



Gli strumenti che il Web 2.0 mette a disposizione delle aziende sono moltissimi. Molti si stanno però chiedendo se servono.
Il secondo studio annuale di McKinsey cerca di fare un po' di luce.
Se volete approndire vi consiglio questo post.
Io mi limito a farvi un piccolo riassunto sull'utilizzo di strumenti quali Blogs, Wiki, RSS e Podcast:
  • 93% utilizza strumenti 2.0 per la gestione della conoscenza (I)
  • 87% per migliorare il rapporto con i clienti (E)
  • 78% per incoraggiare la collaborazione interna (I)
  • 74% per rafforzare la cultura aziendale (I)
  • 73% per il customer service (E)
  • 71% per la formazione (I)
  • 71% per conquistare nuovi clienti (E).
A quanto pare la maggior parte delle applicazioni sono rivolte verso l'interno (I), piuttosto che verso l'esterno (E).
Secondo quanto riportato dagli intervistati, il 38% afferma che gli strumenti web 2.0 hanno cambiato il modo di comunicare con i clienti ed i fornitori, ma non hanno cambiato l'organizzazione e la gestione dell'azienda (36%). Di questi ultimi (il 36% che dice di non aver subito influenze organizzative) si dichiarano insoddisfatti degli strumenti utilizzati ben il 46% (Per forza, se non hanno voluto affrontare cambiamenti organizzativi e gestionali).

Quest'ultimo dato deve farci riflettere.
L'Enterprise 2.0 non è un software che si installa con un doppio click.
E' un processo che coinvolge in primis il management e non può prescindere da un qualche cambiamento organizzativo e gestionale.
E' possibile delegarlo a consulenti esterni e ad aziende specializzate, ma in qualche modo ci si deve lasciar coinvolgere.
Chi di voi ha ottenuto una qualche certificazione (es: ISO) senza compiere alcuno sforzo o cambiare una qualche procedura?

domenica 5 ottobre 2008

Strumenti per l'Enterprise 2.0: Le mappe concettuali

Con questo post voglio dare inizio ad una serie di "white papers" sul tema "Strumenti per l'Enterprise 2.0".

Inizierò questo percorso con uno strumento molto particolare e nuovo a gran parte di voi: le mappe concettuali (cliccate sul link per leggere una breve introduzione sul mio sito personale).

Benchè le mappe concettuali siano uno strumento potentissimo per le aziende (soprattutto se utilizzate come strumento collaborativo), non sono ancora diffuse come meriterebbero (ma in fondo neppure i progetti di social enterprise :)).

L'immagine qui sopra riporta la mappa utilizzata dalla NASA per la preparazione della missione su marte. Cliccandoci sopra potrete navigarla in formato HTML, esplorando oltre 100 mappe concettuali e facendovi un'idea di cosa sia una mappa concettuale e di come possa essere utilizzata.
Ma prima di cliccarci sopra e "perdervi" nell'esplorazione dell'universo concettuale propostovi dalla NASA, finite di leggere questo post.

Non confondete le mappe concettuali con le mappe mentali. Anche se hanno diverse similitudini, si tratta di due strumenti con scopi molto diversi.
Le mappe concettuali hanno un orientamento spiccatamente cognitivo, che le rende particolarmente utili in contesti quali la gestione della conoscenza, la formazione, la risoluzione di problemi.
Al contrario le mappe mentali, maggiormente orientate all'ambito creativo, sono utilizzate in chiave evocativa ed emozionale.
(Definizione tratta da Wikipedia - mappe concettuali)
Gli ambiti applicativi delle mappe concettuali sono quindi la gestione della conoscenza, la formazione e la risoluzione di problemi.
Stiamo parlando di domini in cui molto spesso ci addentriamo quando affrontiamo progetti Enterprise 2.0.
Le mappe mentali trovano invece applicazione in ambiti piu' creativi (avete mai fatto del brain-storming?) che molto spesso precedono l'utilizzo e la definizione delle mappe concettuali.

Il software.
Il software che vi propongo per le mappe concettuali è CMapTools, che potete scaricare gratuitamente dal sito dell' "Institute for Human and Machine Cognition".
(Invece per le mappe mentali potete utilizzare FreeMind, ma ne parleremo in altra sede)
E' sviluppato interamente in Java (io lo uso indifferentemente sia in Linux che in Windows, ma gira perfettamente anche su Mac), perciò assicuratevi di aver installato anche il JRE. In ogni caso, una volta avviato il Setup, verrete guidati all'installazione passo per passo.
Se non siete esperti, evitate l'installazione personalizzata ma lasciate fare tutto al wizard.
Appena installato il software ed avviata l'applicazione, verificate la presenza dei server pubblici IHMC nella finestra "Cmap condivise in rete".
I server pubblici IHMC vi serviranno per "curiosare" un po' tra il sapere umano e per creare una vostra cartella (pubblica o privata) in cui salvare i vostri progetti (potete salvarli anche in locale, ma che 2.0 sarebbe).

Se i servers non sono presenti, potete aggiungerli cliccando su "Aggiungi Sito" e selezionandoli dalla maschera che comparirà a video (accetta anche la selezione multipla - tenete premuto CTRL mentre cliccate sul nome del server).

Per creare la vostra cartella, vi consiglio di utilizzare il server "IHMC Public Cmaps (3)" e la cartella "Users (create your own folder...)".
Volendo potete anche creare un vostro server, ma dovete chiedere l'autorizzazione all'istituto che vi farà compilare un breve form di richiesta (se avete problemi contattatemi pure).

Curiosando nella cartella "Users (create your own folder...)" del server "IHMC Public Cmaps (3)" troverete anche la cartella "Smartfeeling.org". Quella è la mia cartella pubblica in cui potete trovare alcune delle mappe che uso per i test o le esplorazioni concettuali (il contenuto ed il numero delle mappe varia in continuazione).

Se cliccate su un server, o una cartella, col tasto destro del mouse, potrete aggiungerlo ai vostri "preferiti". Ve lo consiglio vivamente, in quanto i tempi di caricamento delle strutture ad albero possono diventare piuttosto lunghi se i server sono sovraccarichi.

Ora siete pronti per la creazione della vostra prima mappa.
Se cliccate sull'immagine qui a fianco (la mappa di esempio) potrete visualizzare il video tutorial per la creazione.

QUI PER VISUALIZZARE LA MAPPA IN FORMATO HTML.

Come avrete già capito, CMapTools consente di visualizzare la mappa in formato Html e quindi di pubblicarla su internet per renderla visualizzabile da chiunque.


Facciamolo 2.0!


Ed ecco la parte piu' interessante, che fa di CMapTools un perfetto strumento 2.0.
Le mappe possono essere condivise live con altri utenti autorizzati alle modifiche (che stiano usando CMapTools). In questo modo è possibile lavorare in gruppo su una mappa, anche se si è dalla parte opposta del pianeta. Possono essere proposti nuovi concetti, rielaborati i concetti esistenti o create nuove relazioni.

Le mappe concettuali sono uno strumento realmente eccezionale già quando vengono utilizzate da un singolo individuo, ma in gruppo diventano una vera bomba.
Provare per credere.


Ora prendetevi qualche minuto per navigare le mappe prodotte dalla NASA.
La produzione di mappe concettuali ha consentito al team di focalizzare la missione a 360°, sotto ogni punto di vista.

Vedi anche:
Strumenti per l'Enterprise 2.0: Il Corporate Blog.
Strumenti per l'Enterprise 2.0: il Corporate Blog (Seconda Parte)